Una vecchia cava, tre giovani agricoltori-imprenditori e una cantina con 100 anni di storia
.Oggi per Storie di Gusto incontriamo Mattia Cristofoli, appassionato produttore di vini che, insieme ad altri due giovani agricoltori-imprenditori, Michele Zorzi e Matteo Fasoli, nelle terre dell’Amarone, al limitare del Parco Naturale della Lessinia, ha dato vita a una storia bella, di rinnovato rispetto verso la natura e di amore per i vini buoni.
Qual è la storia della vostra impresa? Quali sono le storie di Tenuta Le Cave, Fasoli Gino e TASI ?
Tenuta Le Cave è un progetto che viene da lontano, portato avanti da un gruppo di persone fantastiche che negli ultimi 15 anni ha trasformato una vecchia cava di Italcementi, che stava per essere convertita in discarica di rifiuti tossici, in una fattoria biologica con uno splendido wine relais.
Fasoli Gino è una cantina con 100 anni di storia, oltre 30 dei quali dedicati all’agricoltura biologica. Vini straordinari, sia per la qualità sia per i caratteri distintivi unici.
TASI è una linea di vini che nasce dall’incontro di queste due storie. Nel nostro dialetto (veneto, ndr) significa ‘taci, stai zitto’, ed è un invito un po’ scherzoso a godere del buon vino con leggerezza e in buona compagnia, perché non ci piacciono i pesticidi, la dottrina fine a se stessa e le persone che si prendono troppo sul serio.
Quali vini producono TASI e Fasoli Gino?
Come TASI, oltre all’omonimo Prosecco produciamo il Valpolicella Superiore GÒTO, ‘bicchiere di vino’ nel nostro dialetto e in tutte le nostre osterie, un piccolo grande classico che riproponiamo nel nostro stile schietto e sincero, e il Garganega NEGÀ, che dalle nostre parti potrebbe significare sia ‘bagnato fradicio’ che ‘negato’, un bianco fermo che per noi rappresenta la rivincità di un’uva straordinaria contro le speculazioni dei grandi gruppi sul bianco di Soave.
FASOLI GINO produce tutti i grandi classici del territorio veronese, tra cui Amarone Alteo e Ripasso Superiore Valpo, semplicemente straordinari. Poi qualche piccola perla IGT, vini unici per stile e origine come Merlot da appassimento Calle ed Orgno, e un’altra storia fantastica di garganega, il Pieve Vecchia.
Qual è il tuo vino preferito, o quello a cui sei più affezionato?
Il Valpolicella Superiore GÒTO (attualmente etichettato Valpolicella Superiore TASI, ndr), perché è il primo nato dal vigneto della vecchia Cava. Italcementi la chiuse e l’abbandonò alla fine degli anni ’70. Stava poi per diventare una discarica di rifiuti tossici, e invece ora è un vigneto bellissimo. Piantando le viti praticamente nella roccia, con tempo, fatica e tanta dedizione per le innumerevoli piccole lavorazioni biologiche che continuiamo a fare, stiamo ridando humus e vita a quello che prima era solo un altro ‘non-luogo’. Questo vino rappresenta una grande rivincita, una vita nuova, e lo fa con un gusto e un carattere che ci fanno sempre pensare alla bottiglia perfetta per una bella cena tra amici.
Perché avete scelto di produrre vino biologico? Quando avete iniziato?
Nei vigneti di Tenuta Le Cave produciamo con metodo biologico dal 2012, riprendendo la tradizione di Fasoli Gino che partì all’inizio degli anni 80.
La domanda da farsi, forse, è perché non si dovrebbe produrre con metodo biologico. Come si fa a non scegliere l’agricoltura biologica? Secondo noi dovrebbe essere la base di ogni produzione, per due ragioni fondamentali: desideriamo produrre e consumare solo prodotti sani e genuini, e desideriamo che il nostro lavoro migliori, anziché sfruttare, il territorio in cui operiamo.
Quali sono, in estrema sintesi, le caratteristiche del vino biologico?
In campagna non si fa uso di alcun prodotto chimico o di sintesi, come pesticidi, diserbanti e concimi sistemici, i cui residui rimangono nel terreno e nei suoi prodotti per molto più tempo di quello che ci si immagina; in cantina, poi, si segue la stessa filosofia, ad esempio riducendo al minimo l’utilizzo di solfiti.
Il vino biologico offre vantaggi per il gusto, per la salute o per l’ambiente? Qualche esempio concreto?
L’agricoltura biologica è sicuramente più sana e sostenibile di quella convenzionale, e dà frutti più sani e genuini. Questo non si traduce necessariamente in vini di alta qualità. Vi possono essere, ed effettivamente ci sono, pessimi vini biologici, come del resto vi sono innumerevoli pessimi vini convenzionali. Allo stesso tempo vi possono essere, e vi sono, vini convenzionali organoletticamente perfetti. In un certo senso è più facile rispettare certi canoni di gusto attraverso il metodo convenzionale, che permette un controllo molto più stringente sulla produzione. Il controllo esasperato, però, appiattisce e uniforma.
L’agricoltura biologica lascia invece molto più spazio di espressione alla natura, spesso a scapito della produzione in quantità. Per il vino, che come nessun altro prodotto è legato al suo terroir, tutto ciò è essenziale e ci da la possibilità di creare un’espressione più autentica e genuina del territorio e dell’annata.
Quali sono le principali difficoltà nella produzione di vino biologico?
Non vi sono rimedi, medicine e tutte le altre armi che la chimica moderna offre.
Bisogna lavorare bene, lavorare tanto, con estrema dedizione e attenzione. Bisogna investire molto più tempo, lavorare a mani nude e a piccoli passi per prevenire tutti i problemi e superare tutte le sfide che la natura ogni anno ci pone.
Tutto questo lavoro necessita di una presa di coscienza preventiva: non si produrrà mai tanto quanto si produrrebbe ricorrendo alla chimica e ai metodi convenzionali.
Chi certifica che il vino sia biologico? Che cosa deve mostrare obbligatoriamente in etichetta?
Vi sono alcuni Enti ceritificatori riconosciuti dal Ministero dell’Agricoltura, come ad esempio ICEA, che effettuano verifiche e ispezioni su tutta la filiera. La certificazione europea prevede l’utilizzo del simbolo della foglia con le stelle; ogni ente certificatore, poi, ha un proprio marchio.
Esistono inoltre disciplinari ulteriori, più stringenti, a cui si può liberamente aderire, e che in qualche caso sono obbligatori in altri Paesi. Un esempio interessante è BIOSUISSE a cui noi aderiamo, che richiede anche determinate percentuali di biodiversità all’interno dell’azienda. Noi ad esempio, manteniamo circa la metà del nostro fondo a bosco, perché crediamo che la biodiversità sia realmente un valore per noi e per il nostro territorio; inoltre, gli alberi ci proteggono da tutti i nostri “vicini convenzionali”…
Vino biologico vuol dire sempre vino buono? Quali sono i principali segreti per ottenere un vino buono?
Produrre vino bio e produrre vino buono sono due sfide distinte e parallele.
I segreti per fare un vino buono? Sicuramente il tempo, la pazienza e la dedizione.
Io però non lascerei mai che fosse un Robert Parker a dirmi quali vini sono buoni e quali no. Meglio assaggiare di persona!