Qual è la Storia del Gianduiotto? Chi ha inventato il Gianduiotto?
l Gianduiotto (o ‘Gianduiotto’, considerato il fatto che la ‘i lunga’ è caduta in disuso) è inconfondibile fin dal primo sguardo: la forma del Gianduiotto, a ‘barca rovesciata’, è unica. La storia del Gianduiotto è invece forse meno chiara. Fu determinante il blocco continentale napoleonico? Come è nato il Gianduiotto? Dove è stato inventato il Gianduiotto, in qualche modo simbolo del Piemonte e di Torino? Considerata la sua bontà, vale la pena provare a scoprire qualcosa sulla sua storia.
Nell’articolo ci occuperemo di diversi aspetti e momenti relativi alla storia del Gianduiotto:
Storia del Gianduiotto o mito del Gianduiotto?
Qual è quindi la storia del Gianduiotto? Chi ha inventato la ricetta originale del Gianduiotto? E dove è nato il Gianduiotto?
Vediamo una ricostruzione che spesso si trova fra le pagine di Internet, e alcune critiche che sono state sollevate a tale ricostruzione.
Una ricostruzione storica spesso incontrata
Si dice che l’invenzione del Gianduiotto sia stata aiutata dalla necessità: Napoleone, con il blocco continentale, aveva causato un notevole rincaro del cacao, difficilmente reperibile.
In Piemonte, qualcuno – secondo alcuni Michele Prochet – si rese conto di poter sopperire alla mancanza di cacao con le nocciole, di cui abbondano le colline della regione. Sarebbe così nata di fatto – anche se il nome è successivo – la pasta gianduia, e da lì sarebbe poi arrivato il Gianduiotto.
Riguardo a Michele Prochet, si trova scritto che egli nel 1852 inventò la pasta gianduia – la fonte di tale informazione è forse un articolo di A. Cagliano sulla rivista ‘Il Dolce’ (sul numero di febbraio del 1932).
Davvero è questa la storia del gianduiotto? Sebbene in qualche modo avvincente, la storia del Gianduiotto appena raccontata suscita alcune perplessità.
Come è nato il Gianduiotto? Qualche critica alla ricostruzione spesso presentata
Riguardo alla questione del blocco continentale, infatti, c’è da dire che anche il costo dello zucchero, ingrediente importante del gianduia, salì alle stelle.
Inoltre, è vero che il cioccolato in forma solida esisteva – esistevano piccole tavolette per creare la bevanda, ed esistevano i diablotin (cioè diavoletti), “cioccolatini" di pura massa di cacao grandi come una mandorla ammorbiditi con olio di oliva – . Tuttavia, era poco diffuso l’uso di consumarlo in tale forma, e l’introduzione di un nuovo modo di consumo del cioccolato in forma solida (il gianduiotto, appunto) sarebbe stata novità degna di nota. Eppure, non sembrano esservi documenti dell’epoca che la riportino.
Infine, relativamente alla storia del gianduiotto, vi è la questione se Michele Prochet – come molti affermano – sia l’inventore della pasta gianduia. Ebbene, la lapide posta a Luserna San Giovanni riporta che egli nacque il 23 marzo 1839: se la storia secondo la quale egli iniziò a produrre la pasta gianduia nel 1852 fosse vera, allora avrebbe iniziato a farlo all’età di 12 o 13 anni! Non è impossibile; però, diciamo, improbabile.
Il gianduia, quindi, probabilmente non fu inventato a causa dell’aumento del prezzo del cacao dovuto alle guerre napoleoniche, e che il padre sia Michele Prochet pare poco probabile (ancorché non impossibile).
Come andarono allora le cose? Qual è la storia del gianduiotto? Come è nato il gianduiotto?
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Storia del Gianduiotto: l’invenzione di Giovanni Martino Bianchini
Nel percorrere la storia del Gianduiotto, un passo verso il Gianduiotto è l’invenzione di una macchina per la preparazione industriale del cioccolato da parte di Giovanni Martino Bianchini. Il 17 luglio 1819 Giovanni Martino Bianchini – nato a Campo, nel Canton Ticino, nel 1778 – presentò una supplica a re Carlo Felice «per ottenere sua vita natural durante, o per quel numero d’anni a Vostra Maestà più benviso, l’uso privativo d’una macchina da esso inventata pel tritolamento del cacao, zuccheri e droghe, e per tutte le operazioni ad un tempo della fabbricazione del ciocollato, e quindi una salvaguardia al locale, dove farà per stabilirla, ed in vista delle occorenti spese per la gratuita spedizione da ogni diritto delle Regie Patenti che faranno far emanare» (riportato in Mauro Silvio Ainardi e Paolo Brunati. Le Fabbriche da Cioccolata: Nascita e sviluppo di un’Industria lungo i canali di Torino. Umberto Allemandi & C., 2008).
All’interno della Gazzetta Piemontese n. 67 del 3 giugno 1828 si trova Bianchino (con la ‘o’ anziché con la ‘i’ finale) Giovanni Martino fra gli “Individui scaduti dal privilegio per avere ommesso l’adempimento delle formalità prescritte". La Gazzetta prosegue dicendo che “con Regie Patenti del 24 settembre 1819 gli venne concesso il privilegio di anni dieci per la fabbricazione e vendita della macchina da esso inventata per lo tritolamento del cacao, zucchero e droghe, e per tutte le operazioni ad un tempo della fabbricazione del cioccolatte: per tutto lo Stato".
La macchina di Bianchini sostituiva alla forza umana la forza dell’acqua, e Giovanni Martino Bianchini può forse essere considerato il pioniere della preparazione industriale del cioccolato a Torino.
Un altro passo verso il Gianduiotto: Giovanni Martino Bianchini, la famiglia Watzembourn e la ruota idraulica
Percorrendo la storia del Gianduiotto, le vicende di Giovanni Martino Bianchini si incrociano con quelle della famiglia Watzembourn.
Jacques Philippe Watzembourn, insieme a sua moglie Madeleine e a quattro figli, aveva lasciato la propria casa nella comunità Valdese di San Giovanni e si era trasferito a Torino. Qui, aveva acquistato un terreno lungo il Canale di Torino e aveva avviato una conceria; e, nel 1805, aveva installato una ruota idraulica. Con la sua morte, la proprietà rimase alla moglie e ai figli e, nel 1820, la Signora Watzembourn e suo figlio Jean Jacques scrissero al Sindaco di Torino descrivendo le mutate condizioni nel settore conciario che la spingevano a chiedere una modifica nei permessi di impiego della ruota e raccontando del cioccolatiere Bianchini e della sua invenzione.
La richiesta fu accettata, e Bianchini installò la sua macchina per la produzione del cioccolato.
La conceria Watzembourn (cerchiata) nel Catasto Napolenico Primitivo (1)
Paul Caffarel, Bianchini e la Caffarel Prochet & C.
Facciamo un altro passo nella storia del Gianduiotto.
Con la morte di Madeleine Watzembourn, la proprietà passò al figlio Jean Jacques che, nel 1832, vendette la terra e la fabbrica a un altro Valdese proveniente da San Giovanni: Paul Caffarel.
Quest’ultimo, che era nato nel 1783 a San Giovanni, nelle Valli Occitane Valdesi – oggi Luserna San Giovanni -, e che per potere lavorare come regio ‘liquidatore’ aveva dovuto cambiare il proprio nome in ‘Caffarelli’, aveva sentito parlare delle spezie provenienti dal Nuovo Mondo e anche per questo, all’età i 49 anni, decise di intraprendere la nuova avventura.
Paul Caffarel lavorò fianco a fianco con Giovanni Martino Bianchini fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1837.
La figlia di Paul Caffarel sposò Jean Jacques Watzembourn, e il figlio Paul sposò Olympe Gay.
Milca Caffarel poi, figlia di questi ultimi, sposò Matteo Prochet, fratello di Michele.
Successivamente Michele Prochet, Ernesto e Pierre Paul Caffarel formarono la Caffarel Prochet & C. (Bächstädt-Malan Camusso, Christian, Per Una Storia dell’Industria Dolciaria Torinese: il Caso Caffarel. Tesi di laurea, Universitá degli Studi di Torino, 2002).
Invenzione del gianduiotto: la questione della paternità del Gianduiotto
Quindi chi ha inventato il Gianduiotto? Molti concorsero. E chi arrivò a mettere a punto la ricetta e la forma? L’impresa cui normalmente viene attribuita la paternità dei gianduiotti, quindi fondamentale per la storia del Gianduiotto così come è normalmente spiegata, è proprio la Succ. Caffarel Prochet & C.
La prima affermazione di paternità del Gianduiotto da parte della Succ. Caffarel Prochet & C. di cui si sia trovata traccia è forse del 1899 – circa 34 anni dopo il Carnevale del 1865, nel quale si presume che i gianduiotti siano apparsi per la prima volta e durante il quale la Maschera di Carnevale avrebbe permesso di attribuire alle bontà presentate il proprio nome -.
L’affermazione del 1899, anno nel quale Michele Prochet gestiva l’azienda, è riportata in una Circolare emessa successivamente.
Le pubblicità (confezioni o cartoline) che esprimono la paternità del Giandujotto da parte dell’azienda iniziarono nei primi anni del 1900.
Ma la Succ. Caffarel Prochet & C. non è l’unica impresa che si trova associata alla paternità del Gianduiotto.
Nel 1905 comparve nell’Almanacco Italiano un lungo articolo di autore anonimo. A un certo punto, relativamente alla Fabbrica di via Balbis della Talmone, leggiamo che “[…] da essa escono quotidianamente, per l’Italia e per l’esportazione che è vastissima, ingenti quantità del famoso Cioccolato delle Piramidi, dei gustosi e corroboranti Giandujotti (antica creazione di questa Casa), […]".
Come andarono quindi le cose? Chi è il vero padre dei gianduiotti? Dire quale sia la (vera) storia del Gianduiotto è forse impossibile, finché non si abbiano notizie relative al periodo che va dagli anni sessanta dell’800 all’inizio del ‘900.
In ogni caso, il Piemonte diventò la capitale del Gianduiotto e del gianduia.
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Alcune fonti e bibliografia
(1) Fonte: Mauro Silvio Ainardi, Paolo Brunati, Le fabbriche da cioccolata. Nascita e sviluppo di un’industria lungo i canali di Torino, Umberto Allemandi & C., Torino 2008
http://dallasfood.org/2011/04/gianduia-gianduja-nutella-part-13/