L’olio extra vergine di oliva, l’olio evo, è spesso considerato una semplice spremitura di olive, e le fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva sono poco conosciute. Ora, se è vero che è ottenuto soltanto attraverso processi meccanici, è però anche a vero che le fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva sono più di una: non basta una ‘semplice’ spremitura!
Inoltre, le modalità e i tempi di esecuzione delle diverse fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva influiscono sulla qualità dell’olio evo ottenuto.
Vediamo le principali fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva, le operazioni che portano dalle olive all’olio extra vergine di oliva, all’olio evo.
Prime fasi di produzione dell’olio extra vergine di oliva: ricevimento delle olive da parte del frantoio e pulitura
Le prime fasi di produzione dell’olio extra vergine di oliva sono il ricevimento delle olive da parte del frantoio e la pulitura delle olive.
Le olive devono arrivare al frantoio in ottimo stato di conservazione e possibilmente nella fase ottimale di maturazione.
Specialmente nel caso in cui siano utilizzati sistemi di raccolta diversi da quella a mano (la brucatura), le olive saranno accompagnate da materiali estranei – foglie, frammenti di rami o di terra – da eliminare.
Per togliere i materiali diversi dalle olive si utilizzano defogliatrici e lavatrici-asciugatrici.
Relativamente alle prime fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva c’è da dire che alcuni produttori di olio evo, prima della frangitura, eliminano il nocciolo. Tale processo comporta normalmente una perdita in resa e però un miglioramento della qualità dell’olio, che avrà un più alto tenore in sostanze fenoliche e quindi un profilo aromatico più complesso, un maggior valore nutrizionale e un tempo di conservazione più lungo.
Fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva: Frangitura (o molitura) delle olive
Seguendo le fasi di produzione dell’olio extra vergine di oliva, successivamente alla pulitura si passa alla frangitura delle olive.
Qui considereremo la frangitura delle olive più tradizionale e diffusa, che comprende anche il nocciolo dell’oliva.
Nell’immaginario collettivo questo è il momento in cui si produce l’olio dalle olive. In realtà, in questa fase di produzione dell’olio evo le olive vengo frantumate: la buccia, la polpa e il nocciolo dell’oliva vengono ridotte in pasta.
Le goccioline di olio, della grandezza di pochi micron di diametro, sono contenute nelle cellule della polpa del frutto integro, all’interno del vacuolo. La frantumazione dei frutti dilacera le cellule oleifere, permettendo la fuoriuscita dell’olio e quindi la formazione di una fase oleosa più coesa, che sarà poi separata dall’acqua presente nei frutti.
La dimensioni raggiunte dai frammenti di polpa e nocciolo condizionano non solo il rendimento dell’estrazione (cioè la quantità di olio che si riesce a estrarre), ma anche le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche dell’olio prodotto.
Al di sopra e al di sotto di una certa dimensione delle particelle, la resa sarà scarsa.
Inoltre, a dimensioni più grandi corrisponde una minore estrazione delle componenti fenoliche e dei pigmenti clorofilliani.
Normalmente si considera ottimale una frangitura in cui il diametro dei frammenti solidi (nocciolo) sia pari a 2 o 3 mm.
Esistono diversi metodi per frangere le olive: quello più antico, che utilizza macine (dette anche molazze), il sistema a martelli, quello a dischi dentati e altri ancora. Vediamone alcuni!
Frangitura delle olive con molazze o macine
Il sistema di frangitura delle olive a macine è il più antico fra quelli ancora utilizzati, e normalmente si trova negli oleifici che estraggono poi l’olio col metodo della pressione.
Il sistema di frangitura a molazze è costituito da una vasca con basamento in granito con un’apertura per lo scarico della pasta di olive e da ruote in pietra (le molazze appunto) che si muovono al suo interno in senso rotatorio. Le macine sono variabili sia sia nel peso (normalmente fra 2 e 4 tonnellate) sia nel numero (da 2 a 4).
Si tratta di un sistema sicuramente poco violento, generalmente abbinato al sistema di estrazione tradizionale a presse, ma utilizzato anche nei processi estrattivi continui, per ottenere. Tuttavia il costo elevato, l’ampio spazio occupato e la discontinuità arrecata all’intero processo rappresentano dei grossi limiti di questa modalità estrattiva.
Fra i vantaggi del sistema a molazze vi sono il fatto di non provocare aumenti di temperatura della pasta e il fatto che la frangitura avviene senza forti sollecitazioni meccaniche.
Fra gli svantaggi, invece, vi è il fatto che l’operazione di frangitura e parziale gramolatura dura a lungo, fra i 15 e i 30 minuti, e l’esposizione all’aria della pasta causa aumenti di acidità e fenomeni ossidativi.
Il sistema a molazze contribuisce a ottenere oli con caratteristiche organolettiche armoniche ed equilibrate.
Alcuni produttori che mantengono l’uso delle molazze hanno introdotto, a monte o a valle della molazza, un frangitore – solitamente a dischi – per abbreviare i tempi di gramolatura; l’impianto, in tal caso, si chiama semicontinuo.
Frangitori a martelli
I frangitori a martelli sono stati introdotti agli inizi del Novecento, e vengono ancora utilizzati.
Le olive vengono introdotte in un cestello cilindrico al centro del quale ruota, ad altissima velocità, un asse dotato di propaggini di varia forma. Le propaggini spingono le olive violentemente contro le pareti a griglia, i cui fori sono proporzionati in funzione della finezza della pasta che si desidera ottenere.
I tempi di frantumazione sono brevissimi, e le olive non subiscono ossidazione.
Il sistema di frangitura a martelli estrae una maggiore quantità di di fenoli e pigmenti clorofilliani, che conferiscono all’olio caratteri organolettici marcati con sentori più elevati di amaro.
Frangitori a dischi dentati
I frangitori a dischi dentati sono costituiti da due dischi metallici di uguale diametro, uno fisso e l’altro ruotante, dotati di denti con spigoli vivi. Le olive cadono tra i denti e sono frantumate.
i frangitori a dischi dentati hanno buona capacità di estrarre fenoli e clorofille e, grazie alla velocità di rotazione bassa (entro i 1.400 giri al minuto) non producono emulsioni.
Frangitori a coltelli
I frangitori a coltelli hanno il pregio di frangere selettivamente le parti costitutive della drupa; grazie al loro impiego, la polpa può essere franta in modo più intenso rispetto a buccia e nocciolo.
Si ottengono oli tendenzialmente armonici e poco amari, ma più poveri di colore rispetto a quelli ottenibili con il frangitore a martelli.
Fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva: Gramolatura
Proseguendo nella considerazione delle fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva, dopo la frangitura delle olive avviene la gramolatura – o gramolazione -, che consiste nel mescolare con movimenti lenti la pasta principalmente al fine di incrementare la fuoriuscita dell’olio, rompere l’emulsione acqua-olio prodotta dalla frantumazione delle olive e fare aumentare il diametro delle goccioline attraverso l’aggregazione di goccioline più piccole.
La gramolatura, che avviene in vasche d’acciaio normalmente a una temperatura intorno ai 25 gradi, ha un altro aspetto positivo per la produzione dell’olio, che consiste nell’aumento di composti aromatici. D’altra parte, essa ha anche alcuni aspetti negativi, cioè l’impoverimento del contenuto in polifenoli e l’incremento dell’ossidazione. Per questo si tratta di una fase critica, che richiede di trovare il migliore equilibrio fra le diverse esigenze. Inoltre, alcuni costruttori di macchine hanno prodotto gramole chiuse ermeticamente o operanti in ambienti costituiti da gas diversi dall’aria (ad esempio azoto) per diminuire gli aspetti negativi dell’operazione.
È opportuno che la temperatura sia fra i 22 e i 28 gradi.
Infatti, a temperature basse (18- 20°C) si conseguono rese di estrazione poco soddisfacenti e oli poveri in componenti fenolici. Fra i 22 e i 28° C, invece, aumentano sia la resa di estrazione che l’attività degli enzimi responsabili dello sviluppo delle caratteristiche organolettiche. Superando i 28 °C, infine, e in particolare i 35 °C, si va incontro a processi ossidativi rilevanti e diminuisce il tenore in componenti fenolici (Gallina Toschi et al., 2004).
Fasi di produzione dell’olio evo: Separazione dell’olio
Nel corso di questa fase di produzione dell’olio evo si separa l’olio dalle acque di vegetazione e dalla sansa (frazione solida).
I sistemi di separazione normalmente utilizzati sono quello a pressione, il percolamento e la separazione per centrifugazione.
Sistema a pressione
Il sistema a pressione è il più tradizionale.
La pasta di olive viene posta su superfici drenanti (fiscoli) inframmezzate da dischi metallici.
Fiscoli e dischi sono poi sottoposti a pressione (fino a 400 atmosfere!) tramite una pressa, normalmente idraulica.
Il mosto oleoso viene poi inviato a un separatore centrifugo verticale che divide l’olio dall’acqua e dalle impurità e mucillagini.
I limiti del sistema a pressione sono la discontinuità di utilizzo e l’impossibilità di realizzare una completa pulizia delle superfici drenanti (fiscoli), con conseguenze per le caratteristiche organolettiche dell’olio ottenuto.
Sistema Sinolea (Percolamento)
Il percolamento sfrutta il principio della coalescenza dell’olio, ovvero la capacità di rimanere attaccato ai metalli.
Una serie di lame di acciaio inossidabile disposte a pettine entra ed esce alternativamente dalla pasta di olive. Le lame che escono portano con sé solo l’olio, che si deposita in una vasca di raccolta gocciolando per gravità.
Con il sistema del percolamento si arriva a estrarre fino al 60% – 70% di olio. L’olio che rimane nella pasta verrà estratto successivamente con un separatore centrifugo decanter.
Separatore centrifugo decanter
La centrifugazione sfrutta la diversa densità dei componenti della pasta di olive.
La pasta viene sottoposta a una accelerazione centrifuga. Il risultato è che i solidi si collocano sulle parete del separatore centrifugo; più internamente si collocano le acque di vegetazione e, ancor più internamente, l’olio, che è la parte con minore densità.
I primi decanter messi in commercio sono stati quelli a tre uscite – rispettivamente per olio (più precisamente mosto d’olio, cioè olio e una piccola quantità di acqua), acque di vegetazione e fase solida (sansa) -. Il sistema a tre uscite richiede che si aggiunga una notevole quantità di acqua per la fluidificazione delle paste di oliva, e ciò causa una diminuzione della componente fenolica.
Successivamente sono stati introdotti i decanter a due uscite, una per il mosto d’olio e l’altra per l’acqua di vegetazione e la sansa. I decanter a due uscite non richiedono che si diluisca con acqua la pasta in uscita dalla gramola, e producono quindi oli con concentrazione in polifenoli leggermente più alta.
Esistono poi sistemi detti ‘a due fasi e mezza’, che separano le tre frazioni (vi sono cioè tre uscite) e richiedono però l’addizione di quantità ridotte di acqua, variabili in funzione delle caratteristiche della pasta di olive lavorata.
Fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva: Separazione finale
In questa fase di produzione dell’olio extra vergine di oliva il mosto d’olio e l’acqua di vegetazione vengono convogliati in un ulteriore separatore centrifugo al fine di separare i residui acquosi dal primo e di olio dal secondo.
L’olio ottenuto da questa fase di produzione dell’olio evo è pronto per il consumo, anche se è leggermente torbido, opaco.
Metodi innovativi nel mondo dell’olio: qualche esempio
L’innovazione è presente anche nel mondo dell’olio, all’interno delle fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva.
Sul mercato esiste, ad esempio, un decanter brevettato in grado di evitare la fase di separazione finale producendo olio senza traccia d’acqua.
Inoltre, un sistema brevettato da ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari Agro-ambientali dell’Università di Pisa, coordinato dal professor Gianpaolo Andrich e composto da Angela Zinnai, Francesca Venturi, Chiara Sanmartin, Maria D’Agata e Isabella Taglieri, prevede che si aggiunga anidride carbonica allo stato solido (detta ‘neve carbonica’) alle olive prima della frangitura. L’aggiunta dell’anidride carbonica solida provoca il congelamento dell’acqua presente all’interno dei frutti e la formazione di cristalli di ghiaccio che, occupando un volume maggiore rispetto all’acqua, a loro volta determinano il collasso della struttura cellulare della polpa, facilitando la fuoriuscita delle sostanze e il loro trasferimento nell’olio, che si arricchisce così in metaboliti cellulari ad elevato valore biologico.